La leggerezza delle architetture tessili rappresenta la massima espressione del percorso dell’architettura verso l’immaterialità. Le tensostrutture a membrana sono sinonimo di leggerezza in quanto appartengono ad una classe innovativa e “leggera”. Si tratta di strutture leggere al punto che è necessario ancorarle a terra per evitare che possano sollevarsi. Il rapporto con le fondazioni è emblematico, si passa infatti dal comportamento a gravitazione delle fondazioni tradizionali ad un sistema a regime di trazione. Sono architetture flessibili, smontabili anche retrattili ed immagazzinabili, capaci di configurare spazi di carattere permanente o semipermanente senza operare pesanti modifiche nei luoghi. Il concetto di leggerezza si traduce nell’immagine complessiva che esse offrono nelle possibilità di articolare ampi spazi, aperture e trasparenze, non soltanto in termini di peso.
Le origini: la tenda
La capacità dell’uomo di sfuggire al peso della materia quale unico fattore per assicurare stabilità alle costruzioni non è esclusivo appannaggio del nostro tempo. Le esigenze di mobilità dei popoli nomadi hanno trovato soluzione nelle tende e nelle capanne di rami o di canne, dove legami o intrecci hanno sempre connesso gli elementi secondo logiche flessibili e leggere. Sono strutture in cui l’alto rapporto tra peso di rottura e peso proprio testimonia la presenza di un minimo di materiale. L’esigenza di provvedersi in breve tempo una dimora è stata, in particolare, legata al concetto di tenda: un’abitazione funzionale ai bisogni di chi è alieno alle consuetudini dell’insediamento stabile. Il riparo può esser considerato la forma originaria di tutte le architetture cosiddette trasportabili, trasformabili. La tenda rappresenta la forma più evoluta del riparo, con il più alto grado di adattamento ambientale. Studiando le tende dei popoli nomadi si può trovare infatti una convergenza di obiettivi con le forme attuali e, analizzandone le relazioni tra le parti componenti e le modalità costruttive, appare evidente come ogni forma del vivere nomade sia improntata a criteri di leggerezza, reversibilità e adattabilità. Nella tipologia strutturale delle tende arabe (tensostrutture) si trovano soluzioni sviluppate poi nei circhi equestri e nei grandi “chapiteaux”, fino ad arrivare alle attuali soluzioni in membrana pretesa (tensostrutture). Nella tipologia strutturale autoportante del tipi indiano e della yurta ritroviamo invece elementi propri della struttura portante delle unità circestensi. Un’ulteriore origine delle odierne tensostrutture va inoltre ricercata negli antichi Romani. Essi misero a frutto la loro abilità nel governare le vele delle imbarcazioni e nell’uso di superfici di tela, dette “velarium”, per coprire le cavee di teatri ed anfiteatri.
Il sapere tecnico, un tempo bagaglio esclusivo dei popoli nomadi, nel contesto attuale appartiene a chi ha fatto delle costruzioni portatili non solo il luogo del loro abitare ma anche quello del loro lavoro: i circestensi. I circhi conservano infatti la semplice impostazione strutturale delle antiche tende nomadi: gli elementi portanti puntiformi (pali) sopportano per compressione i carichi della soprastante copertura in materiale flessibile (tessuto). L’evoluzione delle unità trasportabili con copertura in materiale flessibile deriva senza dubbio oggi dall’evoluzione della tipologia dei tendoni da circo.
Il contributo di F. Otto
I pionieri dell’architettura leggera nel nostro secolo sono da individuarsi nelle figure di Frei Otto e Buckminister Fuller. La loro ricerca è stata di una portata innovativa notevole. Ai loro principi, alle loro sperimentazioni si deve gran parte delle strutture a membrana dei nostri giorni.
Frei Otto è uno straordinario innovatore la cui influenza è evidente sia nell’architettura radicale del gruppo Archigram che ha preso in prestito tensostrutture e strutture gonfiabili, sia nei progetti di Renzo Piano che, in contatto con Peter Rice, collaboratore di Otto per anni, prendono come paradigmi fondanti la leggerezza e dell’ottimizzazione degli elementi strutturali .
La particolarità di Frei Otto risiede nel suo forte interesse per il mondo naturale e nelle sue leggi che ha cercato di applicare alle architetture. Egli dichiara di essere alla ricerca di costruzioni che mostrino con particolare chiarezza i processi naturali che creano gli oggetti, di esser alla ricerca dell’essenziale. Egli si avvale della fondamentale collaborazione di biologi con i quali ha intrapreso le indagini sui processi del mondo naturale. Dopo averli fatti propri ha cercato le recondite connessioni tra gli oggetti della natura e le costruzioni artificiali, scoprendo che gran parte delle architetture leggere prendono in considerazione tali processi.
Per quanto riguarda le architetture flessibili egli rintraccia nella ragnatela il modello naturale delle tensostrutture. Le reti artificali funzioneranno come quelle naturali, se esse hanno funzione portante dovranno avere una forma di curva a “sella” ed mantenute in posizione da una serie di tiranti.
Il modello naturale per le strutture pneumatiche è invece rintracciato nelle superfici minime delle bolle di sapone. Con esse sono stati fatti i primi modelli di studio delle presso strutture, notevoli principi sono stati colti: dal loro funzionamento, alle loro possibili aggregazioni e suddivisioni. Otto persegue incessantemente l’invenzione com’è evidente nella numerosa produzione di disegni, schizzi, plastici in cui verifica e controlla tutti i dettagli con la stessa maestria di Leonardo quando progetta le macchine belliche, le fortificazioni e le chiuse. Egli non è stato però solo un ricercatore ma un grande realizzatore.