La ricerca della leggerezza è stata da sempre una costante nella storia dell’architettura in risposta alle mutevoli esigenze della società in evoluzione. “Tocca questa terra con leggerezza” identifica un nuovo modo di porsi nei confronti di un contesto quanto mai mutevole, in un profondo rispetto della sacralità della terra. L’uomo contemporaneo si toglie, in un certo senso, il diritto di modificare l’ambiente in maniera invasiva, privilegiando soluzioni temporanee e reversibili molto lontane dai caratteri di solidità, massività, pesantezza e staticità generalmente attribuiti all’architettura.
Il percorso evolutivo della leggerezza ha portato al capovolgimento della pura logica gravitazionale dell’architettura per tendere verso strutture il cui peso proprio è andato sempre più riducendosi rispetto al carico, fino alla drastica inversione di tale rapporto, generando un costruire che privilegia i valori legati alla temporaneità e modificabilità dell’ambiente costruito. Tale atteggiamento, in contrapposizione alla concezione di strutture rigide e permanenti, finalizzate al soddisfacimento di bisogni abituali, ricerca spazi abitati che assecondino i desideri della società contemporanea laddove la flessibilità si fa espressione del mondo odierno.
Alla ricerca di un equilibrato rapporto tra le parti si affianca una spregiudicata contaminazione tra materiali e logiche costruttive, alla performance dei singoli materiali si preferisce l’efficace interazione tra i sistemi costruttivi progettati, alla stabilità e pesantezza dell’immagine monumentale si contrappone la provvisorietà e la leggerezza di una configurazione variabile.
Le costruzioni leggere, oltre a segnare una fondamentale innovazione strutturale di questo secolo, hanno rappresentato un rilevante contributo alla soluzione di numerosi e reali problemi. Si tratta di costruzioni fortemente tecnologiche, testimoni di processi produttivi attuali che non condizionano pesantemente l’ambiente naturale in cui si inseriscono. Una caratteristica peculiare di tali strutture è, infatti, quella di disporsi nel contesto, sia esso naturale o costruito, con una propria autonomia di immagine, di struttura e di significato evitando incerte contrapposizioni. Queste architetture hanno permesso all’uomo moderno di riavvicinarsi alla terra, di avere con essa un rapporto meno forzato. Esse possono esser rimosse facilmente, senza compromissioni per lo scenario ambientale di cui hanno fatto parte; appartengono al mondo del transitorio, con i suoi pregi e difetti.
L’architettura si trova oggi, però, di fronte ad una profonda crisi che determina ambiguità e resistenze dovute da un lato al rischio di enfatizzazione degli aspetti tecnici, dall’altro ad atteggiamenti sociali poco inclini a abbandonare le tradizionali tecnologie “massive”.
Il cammino verso la leggerezza necessita inoltre di un ulteriore sforzo per superare il pregiudizio che la porta ad essere considerata un difetto piuttosto che un pregio. Esso nasce dal fatto che la storia dell’architettura ha da sempre privilegiato opere permanenti che hanno costituito testimonianza del passato, trascurando l’esistenza di un patrimonio di opere legate a certe culture nomadi, non meno significative di quelle stanziali.
Il concetto di leggerezza
Il termine leggerezza ed il suo corrispettivo inglese “light”, hanno molteplici significati: da quello materiale relativo all’assenza di peso e di impatto ambientale, a quello fisico di luce ed illuminazione, fino al concetto filosofico di elevazione spirituale. La “leggerezza di impatto” si riferisce al rapporto tra edificio e contesto, la delicatezza con cui una struttura tocca a terra. Dopo più di un secolo di devastazioni territoriali e sfruttamento di risorse naturali, si spera che in un futuro il rispetto per il nostro ambiente divenga il primo motore di ogni progetto. Secondo il team di Maco Technology la leggerezza dovrebbe costituire un vero e proprio paradigma per il progettista insieme ad altre tematiche quali la flessibilità, reversibilità e temporaneità.
Il significato del peso nella costruzione
Il peso della struttura è stato di norma il dato che ha maggiormente discriminato i modi di costruire degli insediamenti provvisori. La storia dell’architettura ha, da sempre, privilegiato quel tipo di costruzioni che, essendo dotate di un alto grado di resistenza, hanno tramandato delle tangibili testimonianze. È perciò diventata condizione diffusa credere che le tecniche realizzative basate fondamentalmente sull’impiego di materiali duri, pesanti e di elementi in grado di trasmettere le forze in relazione alla loro massa non solo siano le sole e idonee a costituire architetture significative ma siano anche quelle che rispondano meglio ai criteri di sicurezza e resistenza.
Se il peso può assicurare resistenza e durata degli elementi, esso è pur sempre “un fardello faticoso da portare sia per l’uomo che per la costruzione” come disse David George Emmerich osservando che le strutture resistenti in funzione della propria massa sono tuttavia limitate dal loro peso poiché, oltre una certa misura, “ogni nuovo elemento poggiato in cima alla pila, schiaccerebbe quello posizionato in basso”.
La capacità dell’uomo di sfuggire al peso della materia quale unico fattore per assicurare stabilità alle costruzioni, non è comunque esclusivo appannaggio del nostro tempo. Le esigenze di mobilità e di transitorietà degli insediamento nel tempo hanno portato, infatti, alla realizzazione di moduli abitativi diversi in funzione delle esigenze dell’utenza, ma accomunati da particolari qualità di flessibilità e leggerezza.
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