Le coperture tessili vengono spesso impiegate nella costruzione di pensiline o coperture che devono avere una forma molto diversa dalle classiche coperture a doppia falda. Per questa ragione, le esigenze di design e di stile portano il più delle volte a volere una copertura assolutamente planare. Sebbene in teoria questa cosa sia possibile, è bene approfondire problemi pratici e costruttivi che sconsigliano la realizzazione di superfici troppo piatte.
In questo articolo vogliamo illustrare i risultati di alcuni test che abbiamo realizzato presso la nostra sede per dimostrare ad architetti, ingegneri ed utilizzatori finali quale sia il limite massimo oltre il quale è meglio non spingersi nella progettazione e costruzione di coperture di questo tipo.
Come sappiamo, le tensostrutture devono la loro forma alla tensione introdotta nel materiale tramite una pretensione definita in fase di progetto e al momento del montaggio. Se si vuole ottenere una superficie perfettamente planare, i carichi di pretensione introdotti nella membrana devono essere importanti e dipendono dalle luci in gioco. Se puoi ci si aspetta che questa membrana resista a carichi vento o neve, perpendicolari alla sua superficie, senza sbattere o creando accumuli di acqua o neve, la pretensione deve salire ulteriormente. Questo processo porta molto spesso ad avere forze al perimento non gestibili o addirittura il materiale non risulta verificato per i carichi di progetto, costringendo ad abbandonare l’idea di utilizzare una tensostruttura.
Per ovviare a questo problema, nel caso dell’ETFE, i sistemi a singolo layer si sono evoluti integrando all’interno della membrana una serie di cavetti che hanno il compito di assorbire gli sforzi che il film non sarebbe in grado di supportare. In questo modo è garantito che il film lavori sempre in campo elastico mentre i cavetti assorbono gli sforzi che lo porterebbero in campo plastico. Ma il ruolo dei cavi non è solo questo. In realtà essi sono presenti per introdurre una minima doppia curvatura nella membrana con il compito di impedire vibrazioni e oscillazioni inevitabili nel caso la superficie sia perfettamente planare. Per questa ragione i cavetti sono leggermente disassati rispetto al piano della membrana come chiaramente mostrato nel progetto qui sotto.
Al fine di mostrare in modo chiaro e indiscutibile il limite strutturale di coperture planari in ETFE abbiamo fatto un test con alcuni pannelli in spessore 300 micron. L’obbiettivo del test è stato quello di valutare quale sia la pendenza minima accettabile per una copertura in ETFE provvista di cavetti di rinforzo a passo 400 mm. Abbiamo testato 3 diversi scenari:
- pendenza assente: 0%
- pendenza minima: 3%, paragonabile ai tetti piani in calcestruzzo
- pendenza moderata: 6%
Caso 1: ETFE senza alcuna pendenza: 0%
In caso di forte pioggia o di nevicata, il film si deforma sotto carico e, di conseguenza, anche i cavi. La copertura in ETFE comincia ad accumulare l’acqua fino ad un certo punto in cui la deformazione dei cavi e della membrana si ferma e l’accumulo d’acqua comincia a strabordare. E’ importante qui fare una riflessione: se la struttura è stata progettata correttamente, oltre un certo livello, la deformazione dell’ETFE e dei cavi si interrompe e impedisce la creazione di ulteriori accumuli. Nel caso invece, il film o i cavi non fossero progettati correttamente, o cosa non rara, sia la carpenteria di bordo a piegarsi e a generare un accumulo d’acqua sempre maggiore, si potrebbe innescare un processo irreversibile che porterebbe all’inevitabile crollo della struttura. Infatti, all’accumulo dell’acqua corrisponderebbe una deformazione maggiore il che significherebbe spazio per un ulteriore accumulo al di sopra della superficie in un processo che termina con la rottura della copertura.
Tralasciando questo scenario catastrofico, una struttura senza pendenza raccoglierà per definizione un certo carico al di sopra di essa. Questo carico potrà essere rimosso solo manualmente oppure aspettando la sua evaporazione. Il risultato sarà quindi una struttura molto stressata dai carichi esterni oltre che un accumulo di sporco, ben visibile anche dopo l’evaporazione dell’acqua.
Caso 2: ETFE con pendenza minima: 3%
Con una pendenza di almeno il 3%, invece, la maggior parte dell’acqua scorre al di fuori della copertura. La caratteristica idrofobica della superficie dell’ETFE permetterà alla maggior parte dei residui di sporco, polvere e smog di essere rimossi dalla copertura ogni volta che ci sarà una piovuta. Rimarrà comunque una minima quantità di acqua sulla superficie, in particolare in corrispondenza dei cavetti, come ben mostrato nel video. In queste aree l’acqua verrà rimossa solo dal forte vento o dall’evaporazione e in questi punti, inevitabilmente rimarranno tracce di sporco e aloni.
Caso 3: ETFE con pendenza moderata: 6%
Con una pendenza del 6% o maggiore, invece, tutta l’acqua viene scaricata dalla superficie. Inoltre, la velocità della stessa è tale da “lavare” nel vero senso della parola la copertura che resterà sicuramente molto più pulita rispetto a coperture identiche ma con pendenza inferiore. Con almeno i 6% di pendenza non si formano accumuli anche nelle valli create dai cavi. Questo valore deriva infatti da una certa esperienza maturata nel tempo ma potrà essere verificato puntualmente progetto per progetto.