Questo articolo vuole approfondire la tematica dei pilastri a supporto delle tensostrutture ed in particolare quella dei pilastri stallati. In un articolo precedente avevamo cercato di spiegare le differenze tra le strutture a pilastri strallati e quelli incastrati. Qui potete approfondire l’argomento: https://www.macotechnology.com/blog/tensostruttura-pali-strallati-o-incastrati/
Le tensostrutture resistono agli agenti atmosferici (vento e neve) grazie alla loro forma doppio curvata ottenuta attraverso la stabilizzazione di un materiale per natura flessibile (come per esempio una membrana in poliestere spalmata PVC o fibra di vetro spalmata PTFE oppure un film in ETFE) che è preteso attraverso sistemi meccanici: pilastri, tensionatori, cavi di bordo o, nel caso specifico delle strutture pneumatiche, la sovra pressione interna.
I pilastri sono comunemente realizzati in materiale metallico (ma possono essere anche in legno) e hanno la primaria funzione di conferire alla tensostruttura la geometria desiderata, garantendo le altezze di progetto nei vari vertici. Ma nel caso di pilastri strallati, c’è molto di più.
I pilastri stallati: definizione
Un pilastro è definito strallato quando, ha le seguenti caratteristiche:
- è incernierato a terra,
- è equipaggiato da uno o più cavi (stralli) posizionati dalla parte opposta della membrana
- di conseguenza, assolve alla sua funzione di supporto attraverso sforzi di compressione nel pilastro e di trazione nei cavi retrostanti.
I vantaggi strutturali
Strutturalmente i pilastri strallati sono il sistema più efficiente per realizzare strutture di supporto alle tensostrutture. Infatti le forze di trazione provenienti dalla membrana si scompongono lungo l’asse del pilastro (sotto forma di compressione) e dei cavi (sotto forma di trazione). Viene quindi meno il comportamento flessionale del pilastro che comporterebbe un suo inevitabile dimensionamento maggiore rispetto allo stesso elemento caricato solo a compressione. Inoltre, alla base del pilastro, sono trasferiti solo sforzi di compressione e nessun momento (rotazione). Tutto ciò, da un lato alleggerisce il pilastro che può essere più snello e, cosa più importante, riduce sforzi nelle fondazioni che, in sostanza, devono solo impedire al pilastro di “sprofondare” nel terreno. Avendo installata alla base una piastra sufficientemente grande, questo problema è spesso facilmente risolto.
Proviamo per esempio ad immaginare l’installazione di una tensostruttura su un terrazzo o in un giardino senza plinti di fondazione: con pilastri strallati, una volta assicurata la portata della soletta (o del terreno), la realizzazione sarà relativamente semplice. Nel caso invece i pilastri dovessero trasferire alla base il momento flettente, sarebbe necessaria una verifica strutturale dell’incastro alla base che nel caso di una terrazza porta quasi sempre a risultati negativi e nel caso di un giardino costringe alla realizzazione di importanti plinti di fondazione.
I vantaggi economici
E’ quindi evidente come i pilastri strallati siano la soluzione più economica a supporto delle tensostrutture. I pilastri strallati sono più economici in quanto il materiale impiegato (dovendo lavorare solo a compressione) è molto inferiore rispetto a pilastri che lavorano a flessione. Lo stesso vale per i punti di aggancio a terra: snodi a cerniera pesano molto meno di nodi ad incastro. Gli elementi risultano quindi più snelli e leggeri, anche dal punto di vista estetico e visivo.
Inoltre, i pilastri strallati riducono il costo delle fondazioni alla base del pilastro, che devono avere solo il compito di resistere a compressione e non devono impedirne il ribaltamento.
I vantaggi in fase di installazione
I vantaggi analizzati fino ad ora non descrivono però del tutto le potenzialità delle strutture portanti strallate che danno il loro meglio al momento dell’installazione. Per definizione, infatti, il pilastro strallato, avendo una cerniera alla base può ruotare durante la fase di montaggio ed essere sfruttato per la messa in tensione della membrana. Nella maggior parte dei casi, infatti, questi elementi sono utilizzati per introdurre nel telo e nei cavi di bordo la pretensione necessaria a raggiungere la stabilità strutturale. Questa operazione viene fatta in fase di montaggio ruotando (e quindi avvicinando) il pilastro alla membrana da tendere e poi applicando la pretensione nell’azione di rotazione del pilastro che viene messo in posizione (allontanandolo) e bloccato dove necessario. Questa enorme libertà trasforma sostanzialmente il pilastro strallato nel principale meccanismo di tensionamento del telo. In più, questa operazione può essere fatta a terra, ossia dove gli stralli dovranno essere agganciati, con un utilizzo limitato di macchinari e mezzi di sollevamento.
L’operazione sopra descritta, al contrario, non può essere realizzata attraverso un pilastro incastrato che, non ruotando alla base, deve essere installato nella sua posizione finale. La membrana dovrà essere quindi agganciata ad esso ed eventualmente tensionata attraverso altri sistemi (tenditori, martinetti idraulici) alla sommità del pilastro stesso. L’operazione del tensionamento del telo, deve avvenire in quota con tutti i mezzi di sollevamento necessari.
I punti di ancoraggio degli stralli
Gli stralli retrostanti diventano quindi essenziali sia per il montaggio che per la stabilità della tensostruttura. Essi devono essere opportunamente collegati a plinti di fondazione o strutture murarie esistenti in grado di bilanciare gli sforzi di progetto sia in fase di montaggio che in esercizio (in caso di vento e neve).
Per piccole strutture (fino 40-50 metri quadrati) solitamente i cordoli perimetrali, i muri di cinta e le fondazioni degli edifici esistenti sono più che sufficienti per reggere le forze in gioco, senza quindi rappresentare alcun costo. Per questa ragione nella stragrande maggioranza dei casi, la soluzione a pali strallati risulta vincente sotto tutti i punti di vista: economico, estetico e strutturale. Capita però spesso che fatto 100 il numero degli stralli necessari a comporre un progetto, un certo numero non siano collegabile a strutture esistenti.
In questi casi è necessario provvedere alla realizzazione di punti fissi che possono essere creati in due modi: attraverso il getto di plinti di fondazione o attraverso la posa di ancore. Nel primo caso, Maco Technology può fornire i carichi (gli sforzi di trazione in quel punto) dopodiché sarà necessario avvalersi della manodopera di una impresa edile. Nel secondo caso, invece, a seconda della tipologia di terreno possono essere posate in fase di montaggio ancore ad elica o a catena. Le prime, delle vere e proprie “viti” entrano nel terreno quanto necessario per reggere i carico di trazione e possono essere installate a mano. Le seconde, dovendo raggiungere profondità maggiori (circa 2 metri), necessitano di essere infisse nel terreno attraverso un battipalo. A seconda del progetto sarà cura di Maco Technology consigliare la soluzione tecnologica più adatta.
Svantaggi: l’ingombro dei pilastri strallati
Il principale limite legato all’impiego dei pilastri strallati deriva dall’ingombro del sistema “pilastro incernierato e cavi” che è chiaramente molto maggiore rispetto a quello di un pilastro incastrato. Nella maggioranza dei cavi, e sopratutto per i pilastri alti, i cavi di strallo sono due, posizionati a circa un angolo di 30° rispetto all’asse del pilastro. E’ preferibile che gli stralli siano simmetrici. Possono anche essere asimmetrici ma questo comporta tensioni diverse nei due cavi. Per capire meglio gli ingombri è giusto riferirsi all’immagini quei di seguito.
Nei pilastri strallati, il punto in sommità (dove si aggancia il telo) non è sulla verticale dell’attacco a terra: le tensostrutture sono note per avere i pilastri di supporto inclinati. La ragione di questa configurazione è puramente strutturale: affinché il pilastro stallato lavori bene, è necessario infatti che la base del pilastro e l’aggancio degli stralli siano sufficientemente distanziati: maggiore è questa distanza, minore sono le forze necessarie a mantenere il pilastro in posizione e quindi i carichi che si trasferirono alle fondazioni. Spesso capita però che non sia possibile agganciare gli stralli troppo lontano dalla tensostruttura, anche per ragioni di intralcio degli stessi, quando diventano troppo inclinati. La soluzione a questo problema, non potendo spostare gli stralli, diventa spostare la base del pilastro che si muove verso il centro della copertura, inclinandosi verso l’estero: il punto di aggancio del telo in sommità non cambia (e così non cambia la superficie coperta) ma alla base il pilastro si sposta e quindi si inclina.
L’area che si viene a creare tra la base del pilastro e gli agganci degli stralli deve essere tenuta in considerazione fin dalla prime fasi della progettazione affinché non diventi un’area non sfruttata: essa può essere occupata da aiuole, panchine sistemi di illuminazione o elementi d’arredo che devono comunque trovare spazio nel progetto.